Non solo tango…

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L’ho ascoltato l’altra sera nell’ambito dei concerti delle Serate Musicali al Conservatorio di Milano. RICHARD GALLIANO, è un talento della fisarmocia. Dall’età di 4 anni, studia pianoforte e fisarmonica dal padre Lucien Galliano, anch’egli fisarmonicista e maestro.
Al Conservatorio di Nizza, diretto dal famoso Pierre Cochereau, viene accolto con entusiasmo. Studia armonia, contrappunto e trombone (Primo Premio nel 1969).
Nel 1975, durante il suo trasferimento a Parigi, incontra Claude Nougaro. Richard Galliano è stato direttore di fisarmonica ed orchestra fino al 1983. Compone le musiche di tutti i Brouillards, des Voiliers, Vie Violenza. Nel 1980 incontra Astor Piazzolla, che gli consiglia di creare lo stile francese “New Musette”, così come lo stesso Piazzolla ha creato lo stile “New Tango” argentino.

Richard Galliano ha registrato più di 50 album a suo nome e ha lavorato con numerosi artisti di fama.

Dal mondo del jazz: Chet Baker, Eddy Louis, Ron Carter, Wynton Marsalis, Charlie Haden, Gary Burton.
Dal genere francese: Serge Reggiani, Claude Nougaro, Barbara, Allain Leprest, Charles Aznavour, Serge Gainsbourg.
Cross-Over: Nigel Kennedy – il suo progetto “Bach” con la Deutsche Grammophon ha battuto tutte le altre vendite tradizionali con oltre 50.000 unità vendute nel 2010.

A questi link potete ascoltare il suo “Concerto Opale per fisarmonica e orchestra”

Primo movimento

Secondo movimento

Terzo movimento

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Vivaldi e le 4 stagioni Recomposed

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Ci sono opere bellissime che diventano famosissime e, proprio perchè usatissime e ascoltatissime, rischiano di diventare banalissime e odiatissime… E’ il caso delle 4Stagioni di Vivaldi.

Max Richter, compositore britannico nato in Germania (1966) ha trascritto l’opera di Vivaldi facendo convivere ambient music ed elettronica con uno dei più popolari concerti della storia della musica.

A mio parere – e ringrazio gli amici che me l’hanno fatta conoscere – si tratta di una (ri)lettura metafisica, quasi trascendentale dell’estetica barocca. E più che una trascrizione si tratta proprio di una ri-composizione.

Chi desidera, può far precedere all’ascolto la lettura di questa intervista con Richter

Si può trovare in commercio una incisione Deutsche Grammophon con lo stesso Richter (synthetizzatore moog), Daniel Hope (violino), Raphael Alpermann (clavicembalo) e André de Ridder che dirige i Konzerthaus Kammerorchester Berlin oppure ascoltarle da YouTube.

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Haydn e le 7 sette ultime parole dalla Croce

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«Circa quindici anni fa mi fu chiesto da un canonico di Cadice, in Spagna, di comporre della musica per Le ultime sette Parole del Nostro Salvatore sulla croce. Nella cattedrale di Cadice era tradizione produrre ogni anno un oratorio per la Quaresima, in cui la musica doveva tener conto delle seguenti circostanze. A mezzogiorno le porte venivano chiuse e aveva inizio la cerimonia. Dopo una breve funzione il vescovo saliva sul pulpito e pronunciava la prima delle sette parole (o frasi) tenendo un discorso su di essa. Dopo di che scendeva dal pulpito e si prosternava davanti all’altare. Questo intervallo di tempo era riempito dalla musica. Allo stesso modo il vescovo pronunciava poi la seconda parola, poi la terza e così via, e la musica seguiva al termine ogni discorso. La musica da me composta dovette adattarsi a queste circostanze e non fu facile scrivere sette Adagi senza annoiare gli ascoltatori…»

In una premessa alla pubblicazione della partitura, con queste parole, Haydn racconta la nascita dell’opera Le ultime sette parole di Cristo in croce che  porta come titolo originale Musica instrumentale sopra le 7 ultime parole del nostro Redentore in croce ovvero Sette Sonate con una Introduzione ed alla fine un Terremoto

Le sette ultime parole furono eseguite per la prima volta, il Venerdì Santo del 1786 nella chiesa andalusa di Santa Cueva di Cadice; Haydn elaborò una prima versione per orchestra, poi una per quartetto d’archi, una per pianoforte e infine una per coro, in forma di oratorio. Haydn ha sempre considerato Le sette parole come uno dei suoi lavori migliori, che fu definito come un «equivalente sonoro delle pitture e delle sculture delle chiese rococò dell’Europa cattolica, il cui scopo era quello di indurre in ugual misura al pentimento e alla pace dello spirito».

La versione per organo che ho curato per un Concerto-meditazione (Milano, 24 marzo 2017, Parrocchia Santa Maria di Caravaggio, via Brioschi21), mantiene intatto l’impianto originale dell’opera che è stata commissionata non per essere eseguita in una sala da concerto ma per far parte di un sacro rito liturgico in cui parole e musica, commentano e proclamano la Parola.

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L’ascolto di questo concerto-meditazione è un ascolto che evoca e scava nel mistero della croce di Gesù di Nazareth.

Attraverso la musica, sentiremo l’odio, la solitudine, il distacco, la disperazione, il silenzio di Dio, la sofferenza fisica e, alla fine, la morte.

I colpi ricevuti, lo stillare delle lacrime, del sudore e del sangue, il continuo pulsare del dolore vengono rappresentati dalle note ribattute.

Lo stato d’animo di Gesù, del buon ladrone, di Maria e Giovanni, dei crocifissori si trasforma in una melodia nobile e austera, dolorosamente espressiva ed aderente al significato spirituale e teologico del testo.

Nel dolore di Gesù, si raggruma il dolore del mondo, il dolore di ogni uomo.

Per il credente, questo dolore e questa morte non sono l’ultima parola.

Con la sua musica, Haydn ci ripropone tutta la Passione come evento che scarnifica e lascia spogli davanti al dolore. Vi è la forza e la dignità che vengono opposte al dolore. Ma anche la leggerezza, la lievità, nonostante la morte imminente, e il senso di pietà per la sofferenza che domina la scena. Tra le note tenebrose, dense e drammatiche vi sono sprazzi di luce e di speranza. E anche il drammatico Terremoto finale contiene una grande teofania pasquale, un finale che è preludio di quel grande momento in cui la luce si apre davanti alla tenebra, è una tragica conclusione che però induce l’ascoltatore ad intravedere i segni della vittoria sulla morte.

Ciascuno dei sette passi evangelici che contengono le ultime parole pronunciate da Gesù sulla Croce verranno letti e commentati da una breve sonata.

Numerosi spunti per la meditazione che accompagna l’ascolto sono presi da un commento di Madre Anna Maria Canopi, fondatrice e abbadessa del monastero dell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta che scrive: «Meditare su queste parole è come immergersi nel grande mistero della redenzione e diventarne una fedele manifestazione in mezzo agli uomini del nostro tempo che tanto facilmente passano distrattamente accanto alla Croce, assorbiti da altre parole che lasciano il vuoto nel cuore».

Una sonata di Introduzione, dolente e maestosa, avvia insieme a tutta la folla del tempo, nel cammino verso la cima del Calvario dove già sono piantate tre croci.

A questo link è possibile ascoltare Haydn, Le ultime 7 parole di Cristo in Croce nella versione per orchestra con Le Concert des Nations diretta da Jordi Savall e registrata nella chiesa di Santa Cueva de Cádiz (España), la stessa dove furono eseguite per la prima volta.

 

Il Capodanno secondo J.S. Bach

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Nel 2017 saranno trascorsi 500 anni dall’anno in cui Martin Lutero presentò le sue 95 tesi, inviate ai vescovi il 31 ottobre 1517, episodio che segna l’inzio della riforma protestante. Per questo, gli auguri di Capodanno li prendiamo da uno degli interpreti più illustri del luteranesimo, Johann Sebastian Bach. Il “maestro di cappella di sua altezza serenissima il principe di Anhalt-Cöthen” compose il suo “Piccolo libro d’organo” (in tedesco Orgelbüchlein, BWV 599-644),  una raccolta che non aveva solo fini didattici (per offrire “a un organista principiante il metodo per sviluppare in tutte le maniere un corale, in cui possa anche perfezionarsi nello studio del pedale, perché nei corali che qui si trovano il pedale è trattato in modo strettamente obbligato”) ma, come tutte le opere di Bach, il Piccolo Libro fu dedicato “All’Altissimo Iddio solo per onorarlo e al prossimo affinché si istruisca”.

Dei 46 corali dell’Orgelbüchlein dedicati a vari momenti dell’anno liturgico, 3 sono scritti per il Capodanno ed esprimono i sentimenti di augurio che vogliamo condividere e vi invitiamo ad ascoltare.

Il primo, (Helft mir Gottes Güte preisen – Aiutatemi a magnificare i benefici di Dio BWV 613) è un inno solenne e austero per il “tempo in cui l’anno volge al fine, il sole si inclina verso di noi e il nuovo anno non è lontano”: una visione un po’ crepuscolare dei mali del mondo ma con la speranza che vengano sconfitti nel prossimo futuro.

Helft mir Gottes Gute preisen

Il secondo, (Das alte Jahr vergangen ist  – Il vecchio anno è  trascorso BWV 614) è uno dei più belli della raccolta. ed è “una contemplazione elegiaca dell’anno passato, ferma ed asciutta, senza sorriso e senza lacrime, quanto di più serio sappia dire la musica” (P. Buscaroli, Bach) ma anche un ringraziamento per essere stati protetti dai pericoli.

Das alte Jahr vergangen ist

Conclude il mini-ciclo, un gioioso inno all’anno nuovo (In dir ist Freude – In te è gioia BWV 615), un corale che proviene, come spesso avveniva, da una melodia profana che in questo caso è addirittura un balletto: una grande fantasia caratterizzata da festosi scampanii e carillons, da aeree scalette e, nel finale, da una sequenza di trilli. Proprio come ci auguriamo tutti possa essere questo prossimo 2017.

In dir ist Freude

Auguri.

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Un bel dì vedremo…

butterfly-gallery-1Cresce in questi ultime ore l’attesa… per il REFERENDUM? Noooo, per “la prima” della Scala con il ritorno della versione originale in due atti di Madama Butterfly di Giacomo Puccini, andata in scena per la prima volta (senza successo) nel 1904.

Riccardo Chailly sta compiendo una azione filologica importante sull’opera di Puccini (diciamo però che non aveva convinto tutti la sua Turandot alla Scala, il 1 maggio 2015 per l’inaugurazione di Expo, una esecuzione che ha privilegiato l’orchestra mortificando spesso i cantanti e totalmente condizionata dal finale di Berio, preferito a quello più usuale di Alfano, come se Puccini avesse scritto l’opera e lasciata incompiuta pensando  al finale che averbbe scritto Berio… ).

L’attesa è trepidante soprattutto per quanto riguarda la regia, affidata al lettone Alvis Hermanis (non vorremmo vedere, dopo le zucchine della Traviata, l’affettamento dello zenzero…).

Le voci dovrebbero essere una certezza dato che si tratta di uno dei cast migliori oggi possibili: Maria Jose Siri (Cio-Cio-San), Annalisa Stroppa (Suzuki), Bryan Hymel (Pinkerton) e Carlos Alvarez (Sharpless).

Per prepararsi, intanto, ho trovato questa versione della Butterfly dove gli interpreti sono Mirella Freni e Plácido Domingo, diretti da Herbert von Karajan con i Wiener Philharmoniker. Si tratta di una produzione del 1974, fatta per la televisione, e quindi godibile come un film, con la regia di Jean-Pierre Ponnelle.

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Per ascoltare il dipinto e vedere la musica… l’Adorazione dei Magi di Durer e l’organo di Schlick

Il modo migliore per apprezzare un’opera d’arte è quella di poterla vivere nel contesto per il quale è stata creata. Un modo per ricreare l’atmosfera originale è, ad esempio, unire alla contemplazione del quadro, l’ascolto della musica dell’epoca.

Facciamo un esperimento. In questi giorni (fino al 5 febbraio 2017) è possibile ammirare L’Adorazione dei Magi di Albrecht Dürer che, dagli Uffizi di Firenze è stata trasportata a Milano per celebrare i 15 anni del Museo Diocesano.

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Albrecht Dürer (Norimberga, 1471-1528) è stato un pittore (ma anche incisore, matematico e trattatista) tedesco, considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale.

Uno dei principali compositori tedeschi del tempo è stato Arnolt Schlick (1460-1521).

E’ quindi molto facile chi aveva di fronte Adorazione dei Magi abbia ascoltato anche questo brano eseguito all’organo della cappella del castello di Witteneberg per la quale Federico il Saggio commissionò l’opera.

Provate a unire i due sensi, vista e udito…

Guido Cantelli a 60 anni dalla morte

Con la morte di Guido Cantelli, il 24 novembre 1956, in una sciagura aerea ad Orly (Parigi), il mondo musicale perse uno dei musicisti più promettenti del secondo Dopoguerra, il direttore d’orchestra considerato l’erede artistico di Toscanini e De Sabata. Era stato nominato da una settimana appena (a 36 anni) direttore della Scala di Milano.

Biografia

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Novara, città d’origine, ha dedicato il Conservatorio a suo nome e un Centro Studi; per ricordare Guido Cantelli nel 1992 il maestro Alberto Veronesi fonda l’Orchestra Cantelli di Milano.

Una strana coppia delle meraviglie

Lei è una voce tra le più belle e versatili del panorama musicale italiano, nota per il suo legame storico con i Matia Bazar ma da anni ha avviato una autonoma carriera di successo da solista. Lui è un pianista, ex-bambino prodigio che ormai ha raggiunto la maturità umana ed artistica, che si esibisce con il repertorio classico nelle più prestigiose sale da concerto di tutto il mondo e non disdegna di partecipare agli show televisivi di Chiambretti. Antonella Ruggiero e Andrea Bacchetti sono una strana coppia ma insieme fanno meraviglie.

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Il loro spettacolo, La vita imprevedibile delle canzoni, tocca le piazze più importanti (dal Blue Note di Milano al Parco della Musica a Roma, solo per citarne due) e ora sta per diventare un CD (in uscita il 25 novembre). La vita imprevedibile delle canzoni” nasce dall’affascinante idea di rivisitare le canzoni “leggere” di Antonella Ruggiero in una chiave che le avvicinasse alle toccanti sonorità della musica “classica”. Una sfida entusiasmante che si sviluppa attraverso gli arrangiamenti per pianoforte eseguiti da Andrea Bacchetti (e realizzati appositamente per lui da Stefano Barzan) e che danno alle canzoni una imprevedibile modernità.

Servizio TG3 Liguria: Ruggiero Bacchetti

Musica e Architettura: il sonoro, lo spazio e il sacro

Musica e architettura appaiono come due arti lontane e inconciliabili: l’architettura arte dello spazio e delle masse, che si manifesta attraverso la materialità delle strutture; la musica arte del suono, che si sviluppa nel tempo e attraverso l’immaterialità delle onde sonore. Eppure, musica e architettura mostrano affinità, analogie e complicità e hanno una lunga storia comune, al punto che si potrebbe dire che “la musica è architettura svolta, mentre l’architettura è musica pietrificata” ([1]).

Ma cosa succede quando musica e architettura si incontrano in un luogo così particolare come un luogo di culto e insieme cercano il sacro?

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In questo testo andrea-sarto-musica-e-architettura-sonoro-spazio-sacro, poco più di appunti strutturati, il mio intervento sul tema Musica e Architettura: il sonoro, lo spazio e il sacro al Seminario Architettura e Suono: tra spiritualità, corretta acustica negli ambienti e capacità progettuale (16 novembre 2016, Sala Convegni, Arcidiocesi di Milano, Piazza Fontana 2 – Milano).

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[1] Espressione attribuita a Goethe così come al filosofo Schelling è attribuita la definizione di architettura come “Erstarte Musik” (“musica solidificata, congelata, pietrificata”).

 

Susanna tra gli invasati di ieri e di oggi

In tempi in cui si ergono muri per difendersi dall’umanità (e sfuggire al difficile compito di accogliere la diversità e la tragedia) e si interpretano i più tragici fenomi naturali (un terremoto, ad esempio) come castighi divini (dando così a Dio la responsabilità di essere profondamente ingiusto in quanto punisce alcuni e lascia impuniti i colpevoli), può far bene ascoltare Sancta Susanna,  un atto unico di Paul Hindemith.

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Scritto nel 1921, andò in scena il 26 marzo 1922 a Francoforte tra le vivaci proteste del pubblico, più per la tematica del libretto basato su una mescolanza di misticismo e sensualismo che per la carica provocatoria della musica. Addirittura dopo la “prima” la Lega delle donne cattoliche di Francoforte proclamò una giornata di silenzio per protestare contro lo “scandaloso spettacolo” allestito al teatro con l’operina di Hindemith.

Elaborata sul testo omonimo dello scrittore tedesco August Stramm, Sancta Susanna vuol descrivere un episodio di repressione sessuale all’interno di un convento con suore murate vive, perché sorprese nude ad abbracciare il Crocifisso. I personaggi principali sono Suor Susanna e Suor Klementia, che dialogano sommessamente di fronte ad un altare e ad un Crocifisso con le braccia aperte. Suor Susanna si esalta in forma crescente alla vista del Crocifisso, anche se Klementia le ricorda il caso di un’altra suora che fu murata viva per aver tentato, nell’ora di preghiera nel buio della notte, di stringere tra le sue braccia il Crocifisso. Suor Susanna non ascolta l’invocazione di Klementia ad essere casta e ubbidiente e si strappa il soggolo, il velo e le bende, dirigendosi verso il Crocifisso. È mezzanotte, le campane suonano il mattutino ed entra il corteo delle monache che si dispongono in semicerchio intorno a Suor Susanna, la quale chiede che sia alzato il muro per lei. Ma all’improvviso ella grida per tre volte il suo no, confondendosi con il triplice “Confessa” e il triplice “Satana” scanditi dalle monache.

Su questo testo carico di tensione drammatica, al di là della “pruderie” dell’argomento, Hindemith ha costruito una musica di particolare efficacia usando la forma del tema con variazioni, da lui più volte utilizzata in opere e pezzi orchestrali. Il discorso musicale della Sancta Susanna (dura poco meno di 30 minuti) è ricco di fremiti all’insegna della politonalità e si adegua in un continuum di effetti timbrici e ritmici al disegno espressivo della scabrosa vicenda.

(Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 dicembre 1986 e consultabile qui.)

L’opera, disponibile fino al 6 aprile 2017 è possibile seguirla qui nell’allestimento dell’Opera di Lyon con Agnes Selma WeilandSusanna e l’Orchestre de l’Opéra de Lyon diretta da Bernhard Kontarsky e regia di John Fulljames.

Si può anche ascoltare la versione solo musicale (ugualmente efficace) di Sancta Susanna op. 21 , della RIAS-Kammerchor e Radio-Symphonie-Orchester Berlin diretti da Gerd Albrecht  con Susanna: Helen Donath, soprano; Klementia: Gabriele Schnaut, contralto
la Vecchia Suora: Gabriele Schreckenbach, contralto